Tutto pronto per l’inaugurazione del nuovo museo “Marmolada Grande Guerra”, il più alto d’Europa.
Dal giorno successivo sarà possibile visitarlo.
Quello sulla Marmolada è il museo più alto d’Europa: si trova a quota 3mila metri, al centro di quella che nel 1975 venne istituita con legge nazionale Zona Monumentale Sacra. Lo spazio espositivo del museo è stato triplicato (da 100 a 300 m²) e completamente rinnovato in occasione del centenario della Grande Guerra in Dolomiti (e dell’entrata in guerra dell’Italia, 24 maggio 1915). Raggiungerlo è semplice, nonostante l’altitudine: da località Malga Ciapela, poco sopra Rocca Pietore, parte la funivia che sale su fino alla stazione di Serauta, dove si trova il museo. Prima ancora dell’esposizione museale, prima ancora della storia della Grande Guerra in montagna, quello che colpisce, dalla terrazza presso Punta Penìa, è l’orizzonte: dalla Marmolada si vede tutto. Tutto, dalle canne dell’organo del Civetta alla maestosità del Pelmo, e poi l’Antelao, il gruppo del Sella, le Tofane, il Latemar, il Catinaccio, il Sassolungo, l’Ortles e il Cevedale, le Pale di San Martino… Dall’altra parte, verso sud, brilla la laguna di Venezia. A seconda della luce poi, del momento del giorno e delle condizioni meteo, tutto cambia: rosate o livide, fredde o accoglienti, aranciate, le Dolomiti tutte squadernate ai piedi dello spettatore sorprendono e affascinano, lasciano senza parole.
Non è forse un caso se papa Giovanni Paolo II, poco dopo l’elezione, salì nel 1979 fino alla grotta di Punta Rocca, per consacrare la statua della Madonna “Regina delle Dolomiti”, tuttora meta di pellegrinaggi. Come amante della montagna, e delle Dolomiti in particolare, il papa polacco scelse la Montagna per eccellenza, tra i Monti Pallidi.
Chissà cosa pensavano invece delle Dolomiti i soldati sardi, pugliesi, emiliani, i soldati che in queste trincee di ghiaccio hanno fatto l’Italia, e che sopravvissero intrappolati qui per mesi e mesi – negli inverni più freddi di sempre. Quassù e su altre crode, poco distanti, combatterono una guerra di posizione contro l’esercito austro-ungarico e una battaglia quotidiana contro le insidie della montagna.
Il Museo lo spiega bene, con un doppio percorso interattivo e multimediale, reperti e cimeli vari: la Grande Guerra in Dolomiti è stata una guerra diversa, faticosissima, e per ogni morto sotto i colpi dei nemici ci fu probabilmente un morto per il freddo, per una disattenzione, per una slavina…
La guerra in Dolomiti fu una faccenda verticale, con una geografia bellica tutta particolare – le trincee a volte affiancate, le gallerie costruite una sopra l’altra, i cunicoli scavati nel ghiaccio…
La guerra ha trasformato le Dolomiti, facendo saltare in aria guglie e costoni, modificanto profili e sentieri, spostando confini.
È stata guerra di ingegno: come rifornire le truppe, appese per anni a più di duemila metri, di cibo e munizioni? Come comunicare con i comandi? Come combattere chi si trovava decine e decine di metri più in alto, o asseragliato nel ghiaccio?
“Il nuovo museo – spiega Giuliana Boscheri, coordinatrice di “Marmolada Grande Guerra” – è un museo esperienziale, che valorizza l’uomo in quanto persona. Si legge, tra le lettere del tempo, di uomini considerati come ciarpame. Ecco, il nostro obiettivo è restituire dignità a quelle persone, non solo in quanto soldati, ma come uomini. L’esposizione si sviluppa perciò lungo due corridoi, uno dedicato alla vita di trincea, l’altro alla quotidianità della guerra in montagna”.
Al termine della visita al museo, se non c’è la neve, vale la pena addentrarsi nei percorsi della Zona Monumentale Sacra, e provare a immaginare la teleferica in funzione, l’infermeria e il dormitorio popolati di ragazzi, i magazzini pieni di armi…
Ufficio Stampa