Il primo trofeo stagionale se lo pappa la Marca che acchiappa la Supercoppa Italiana dando continuità al titolo tricolore di giugno. Come dire, un lavoro bello…Polido. Vabbè, battutina infelice, ma aldilà della vittoria in rimonta di quelli di Castelfranco, il match è stato uno straordinario spot per la disciplina. Match vibrante e palpitante, sfida a viso aperto, senza tutte quelle ragnatele tattiche che esaltano i cultori della specialità, ma non aiutano a conquistare il grande pubblico e ad allargare la platea degli estimatori. Invece lo spettacolo è stato elettrizzante e il colpo d‘occhio in tribuna notevolissimo, a dispetto della diretta tv, del giorno feriale e soprattutto del tempaccio infame che invitava alla poltrona di casa e non a mettersi in macchina verso Montebelluna. Due squadroni che glorificano il nostro campionato e il movimento nazionale. Ecco perchè la Luparense che li affianca in graduatoria merita cento, mille applausi per la stagione che sta facendo. L‘impressione è che questa annata già in regualar season si annunci come la più tirata e combattuta dell‘ultimo lustro e questa è la migliore garanzia per la gente del calcio a 5. E a proposito della Lazio, rivale imminente, l‘organico è semplicemente stellare e la mentalità è chiaramente quella della big. Tuttavia non da oggi mi fa impazzire il coach Daniele D‘Orto.
Le qualità tecniche sono fuori discussione, ma la sagoma dell‘uomo è unica e lo dico con tutta la simpatia del mondo, sia chiaro. Lo senti, lo vedi, e ti immagini l‘oste che viene al tavolo e ti snocciola l‘unico vino della casa, ovviamente sfuso (“C‘avemo dell‘Albana bello fresco che se beve come ‘na bibita...“), oppure “Je consijio l‘abbacchio appena sfornato o ‘na pajata che è ‘na delizia...“. Si scherza, naturalmente, poi magari sabato la pajata me la farà ingoiare con l‘imbuto e mi chiederà se mi è piaciuta, è che nello sport iperprofessionistico dai comportamenti esasperati e talvolta un po‘
plastificati, questa figura un po’ naif e per certi versi quasi anacronistica, senza nulla togliere alla statura di trainer qualificato, contribuisce a stemperare gli animi e a svelenire un clima talvolta esacerbato. Sentire uno che nel pregara dice al collega e rivale Polido “Ahò, nun farmene sei come l‘artra vorta” e chiude con una sghignazzata, strizzato nella divisa d’ordinanza, che chissà quanta fatica gli costa, converrete che non è abituale e nemmeno tanto politically correct.
Tornando al match con l‘Augusta, non voglio soffermarmi sulla cavalcata gioiosa, al Vampeta bum bum tornato signore del gol sulle tavole di casa o sul pomeriggio da insolito ex di Fortino. Ma piuttosto preferisco approfondire la risposta del pubblico, 500 e rotti che per un appuntamento domenicale in una giornata solitamente ricca di appuntamenti contemporanei è un riscontro assolutamente incoraggiante che conferma la bontà della scelta del club di giocare nel dì di festa. Certamente meglio del sabato alla stessa ora. Poi, chiaro, se dovessi decidere io direi venerdì sera tutta la vita, ma non decido un accidente e forse è anche meglio così. In ogni caso la domenica alle 18 dieci volte più indicata del sabato, questo è acclarato. Vincenzo Pittureri
LUPARENSE CALCIO A 5
Ufficio Stampa