Si è tenuto presso la sala Sebino dell’hotel Master a Brescia, il terzo dei quattro incontri programmati per la stagione sportiva corrente nell’ambito del Progetto di Informazione attuato dal Brescia Calcio Femminile in quanto Scuola Calcio Élite, dal titolo “La tutela dei minori: il gioco nel calcio” con relatrice la dottoressa Romana Caruso Mariani, psichiatra e psicoterapeuta esperta di psicologia sportiva.
«Tutelare i minori significa prendersi cura della loro emotività, stimolando una crescita interiore che vada di pari passo con quella esteriore». Questo è il motivo per cui la Dottoressa Caruso Mariani ha incentrato il suo intervento sulla cura delle emozioni ponendo attenzione alle aspettative che, spesso, gli adulti ripongono nei più piccoli.
Durante la crescita dei futuri adulti, lo sport e il gioco hanno una funzione importante tanto quanto altri ambiti della vita. Questi, infatti, contribuiscono allo sviluppo cognitivo e a creare autostima nei bambini. Ma, affinché tutto ciò costituisca un processo positivo nella crescita dei piccoli, è fondamentale il ruolo degli adulti e, specificamente nello sport, quello degli allenatori. La Dottoressa ha mostrato come da diversi studi emerga che i bambini danno molta importanza ai giudizi dei padri e degli istruttori nell’ambito delle prestazioni sportive, e per questo motivo è necessario che «chi lavora con i ragazzi abbia una competenza emotiva adeguata». E ciò si traduce nel saper gestire determinate situazioni, ma anche nell’adottare un approccio comunicativo adeguato, e nel non impiegare a sproposito il ragionamento per ricompense.
Non sono da tralasciare, ovviamente, le figure genitoriali, anch’esse importanti nei percorsi sportivi dei propri figli:
«I giovanissimi – ha spiegato Romana Caruso Mariani – devono essere lasciati liberi di decidere in autonomia se mirare a diventare atleti professionisti, qualora ne abbiano abilità e consapevolezza. È una capacità, però, che si raggiunge intorno ai 16 anni. Prima di allora, devono poter giocare e praticare anche più di uno sport per volta perché la specializzazione precoce porta solo al burnout».
L’evento, aperto a genitori, istruttori, dirigenti, accompagnatori, collaboratori e atleti, si è concluso con uno scambio aperto e stimolante riguardo alla gestione delle emozioni in qualsivoglia ambito della vita: sportivo, lavorativo, famigliare, scolastico e tanti altri ancora