QUANDO I BAMBINI GIOCANO, TUTTO IL MONDO VINCE
2mila le bambine e i bambini siriani e libanesi di età compresa tra i 6 e i 17 anni. 12 le strutture sportive ristrutturate e utilizzate in differenti aree del Libano. 84 gli allenatori formati e 200 i genitori che hanno partecipato a corsi sull’importanza della comunicazione non violenta e del dialogo, oltre che sulla protezione dei minori.
Sono i numeri che ha fatto registrare il progetto Sports for Peace promosso in Libano da UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati e sostenuto da Fondazione Milan dal 2014.
Il Libano, un Paese di 4 milioni di abitanti, ospita oltre 1,1 milione di rifugiati siriani scappati dalla violenza, dalla persecuzione e dall’insicurezza.
Oltre la metà dei rifugiati sono minori, ma solo 100mila hanno accesso alla scuola e frequentano i turni pomeridiani a causa di un sistema scolastico già poverissimo e sovraccarico. Lo sport, in questo contesto, assume un ruolo straordinario nella promozione del benessere individuale e collettivo, oltre che della coesione sociale tra le diverse comunità presenti sul territorio libanese.
La nostra risposta: Sports For Peace
Proprio per aiutare i rifugiati a vivere la quotidianità in un contesto che sia il più sereno possibile Fondazione Milan e UNHCR dal 2014 hanno puntato proprio sulla forza dello sport, linguaggio universale capace di creare punti di incontro, per promuovere il rispetto verso l’altro e sviluppare il lavoro di squadra, per rompere ogni barriera che separa i bambini profughi della Siria dalle comunità libanesi che li accolgono. Il divertimento sano dello sport, infatti, e i valori che diffonde sono elementi chiave che possono contribuire al superamento di un trauma così grave come quello della guerra, delle violenze, dell’essere costretti a lasciare la propria casa e la propria terra, arrivando in un luogo sconosciuto.
Il progetto Sports For Peace, realizzato per raggiungere questi obiettivi, si è concretizzato attraverso diversi piani di intervento:
– Costruzione e riabilitazione e di centri sportivi in Libano partendo dagli insediamenti urbani più complicati e sovraffollati. La presenza di impianti adeguati garantisce così ai bambini e ai ragazzi la possibilità di giocare e divertirsi in tranquillità.
– Formazione di istruttori e tecnici sia sugli elementi tattici delle diverse discipline sportive sia sui valori educativi dello sport: il gioco di squadra, la solidarietà e l’aiuto reciproco tra compagni, così come il rispetto dell’avversario e il fair play.
– Coinvolgimento di 200 famiglie siriane e libanesi in attività inclusive e di formazione sulla risoluzione non violenta dei conflitti.
– Coinvolgimento di oltre 2mila bambini siriani e dei coetanei libanesi nello svolgimento di attività educative e sportive. Gli allenamenti si fondano sul metodo del “peace deal” volto a migliorare le capacità di comunicazione, cooperazione e dialogo tra pari.
Quasi un anno fa, nel dicembre 2014, Franco Baresi, ambassador di Fondazione Milan, si è recato personalmente in Libano per l’inaugurazione del centro sportivo di Btekhnay, restaurato da UNHCR e finanziato da Fondazione Milan. Si tratta di un centro coperto, in cui ragazzi e ragazze, anche disabili, possono praticare lo sport in sicurezza. Nel corso di questi mesi sono stati completati anche i restauri di altri due centri nell’area di Tripoli, la seconda città libanese per numero di abitanti.
Il rifacimento dei centri sportivi, però, è solo una parte del progetto, che ha puntato anche sulla formazione dei coach con un focus importante sull’importanza di fornire protezione ai bambini rifugiati e sulla parità di genere, oltre all’organizzazione di eventi sportivi e giornate di gioco per la promozione dell’integrazione sociale. Il gioco e lo sport sono risultati strumenti vincenti nel percorso di crescita dei ragazzi coinvolti, seppur in un clima caratterizzato da instabilità.
In uno dei tornei organizzati nel 2015 sono state raccolto alcune testimonianze come quella di Amina, una quattordicenne siriana, che dimostra una saggezza da veterana: “Oggi abbiamo perso 4 a 0 – ha detto Amina dopo una partita – ma io accetto la sconfitta e non mi arrabbio se perdo, perché amo tantissimo lo sport. Vogliamo imparare e continueremo a provare fino a che non sapremo giocare”.
L’amore per lo sport, la diffusione di valori sani, la nascita di nuove amicizie sono più importanti di una vittoria o di una sconfitta e sono più forti di qualunque barriera.
Fondazione Milan e UNHCR oggi possono raccontare come, anche se la strada è ancora lunga, ci siano stati molti risultati positivi e come, attraverso il progetto Sports for Peace, abbiano potuto regalare, insieme ai tecnici locali, una piccola gioia e tanti sorrisi ad Amina, a Mohamed e a tantissimi altri bambini siriani e libanesi.
Ufficio Stampa